Intervista su tempostretto.it del 4 luglio 2012
Nella sua attività come regista e come scenografo di opere del grande repertorio messe in scena all’aperto che ruolo gioca un teatro come quello antico di Taormina?
“Quando ho accettato la direzione artistica della stagione al Teatro Antico di Taormina, dopo aver diretto per anni quella alle Grandi Terme di Villa Adriana a Tivoli, il mio primo obiettivo è stato quello di rilanciare immediatamente la bellezza, il ruolo e la centralità del Teatro Antico. Ecco perché ho programmato, fin dal mio primo anno di attività a Taormina nel 2007, un titolo operistico così fortemente legato alla cultura classica come Medea. Un titolo affascinante, di raro ascolto, con il quale ho subito voluto dimostrare come il Teatro Antico di Taormina potesse ospitare rappresentazioni operistiche di grande qualità e riscuotere nel contempo grande successo di pubblico. Oggi posso dire che è stata una sfida vinta, perché se nel 2007 fino all’ultimo non eravamo certi che avremmo riempito il teatro con un titolo così apparentemente difficile come Medea, negli anni successivi fino allo scorso anno abbiamo sempre puntualmente esaurito i posti disponibili in teatro per tutti gli spettacoli operistici. Certo, ero senz’altro consapevole che con Medea avrei “debuttato” con un titolo difficile, non di repertorio, ma il pubblico ha premiato la mia scelta con una grande partecipazione e uno straordinario successo, come oggi è possibile vedere grazie alle edizioni in dvd e blu-ray. E quest’anno, dopo aver riportato il Teatro Antico al centro dell’attenzione internazionale con spettacoli di danza, opera, concerti e balletti che hanno visto protagonisti star mondiali ed attirato l’attenzione dei mass-media di tutto il mondo, propongo per la prima volta il capolarovo di Bellini, la Norma, un titolo di repertorio ma molto sofisticato”.
Dopo Medea e la celebrata Tosca con Marcello Giordani, Martina Serafin e Renato Bruson del 2008, il 2009 è stato l’anno dell’introduzione della moderna tecnologia delle proiezioni in alta definizione e per il Teatro Antico è stata come una rivoluzione…
“Nel 2009 ho introdotto a Taormina un nuovo modo di presentare l’opera, utilizzando le proiezioni in alata definizione, ma non in modo banale e scontato puntando un proiettore e sparando sui ruderi immagini … Ho fatto ricostruire dai miei collaboratori ogni angolo del Teatro Antico, le nicche, le colonne, gli speroni, e per ogni pietra ho scelto e ricostruito immagini particolarissime, con il risultato di rivestire e ricostruire virtualmente il Teatro come ambiente straordinariamente egiziano. Le colonne greco-romane sono quindi diventate cololle dell’Antico Egitto, le nicche e gli speroni sono diventate un tutt’uno con gli ambienti del Faraone o di Amneris, il Palazzo Imperiale e la Valle del Nilo, insomma il pubblico si è trovato immerso nell’Antico Egitto come mai era accaduto prima. Ma volevo stupire il pubblico e oltre alle proiezioni in alta definzione ho disegnato e costruito un’immensa piramide schiacciata sui cui gradoni ho mosso tutte le masse e tutti i protagonisti, offrendo una soluzione scenografica nuova a metà tra il costruito e il virtuale. Da questa esperienza, costata mesi e mesi di lavoro e di studio, è nato poi nel 2010 il mio nuovo allestimento di Turandot, per cui ho disegnato una scenografia costruita su diversi piani per il palcoscenico completata dalle proiezioni virtuali in alta definzione che hanno immerso il pubblico nell’antica Pechino imperiale, dando sfogo alla fantasia in un’opera ambientata del resto proprio ‘al tempo delle favole’. Il risultato è stato incredibile e il pubblico ha provato forti emozioni, come dimostrano le trasmissioni teelvisive e gli applausi trionfali con cui sono state accolte tutte le scene. E nel 2011 ho utilizzato lo stesso linguaggio scenico anche per il Nabucco, acompletando la messa in scena di una trilogia esotica – Aida, Turandot e Nabucco – di opere fortemente legate al loro ambiente originario”.
Quest’anno ci sarà dunque la Norma. Ricorrerà, come per il suo primo allestimento di Norma al Teatro Romano di Catania nel 2009, a una scenografia multimediale?
“No, per Norma non posso dimenticare che su queste pietre sedevano i Romani proprio ai tempi di Pollione ed ho scelto di ritornare a far risaltare il Teatro Antico in tutta la sua millenaria magia e bellezza come per Medea nel 2007, quindi senza proiezioni ma con un uso spero emozionante delle luci e di una scenografia costruita. Spero di poter immergere il pubblico nella realtà della storia esaltando i tratti delle architetture antiche, utilizzando però l’intero spazio scenico del Teatro Antico per ricrearvi la foresta celtica d’Irminsul dove si consuma la sofferta storia d’amore tra Norma, sacerdotessa dei Druidi, e Pollione, proconsole dell’Impero Romano. L’idea portante è quella di ambientare la vicenda in una sorta di ancestrale Stonehenge, molto particolare, in un gioco di movimenti che spero possa sorprendere emozionalmente gli spettatori, sempre in stretta simbiosi con le rovine romane attuali del Teatro Antico messe in risalto proprio in segno della decadenza di Roma di fronte all’estremo sacrificio dei due protagonisti con cui si conclude drammaticamente l’opera. Si tratta di un nuovo allestimento che si propone di spettacolarizzare l’ambientazione senza eccessiva storicizzazione, grazie anche ai costumi di Sonia Cammarata che pur traendo ispirazione dal libretto originale rappresentano i personaggi senza tempo: proprio perché anche la storia d’amore di Norma nasconde nella sua tragicità la sua universalità”.
Tutte le sue regie usufruiscono dei costumi di Sonia Cammarata, costumista tra le più affermate dell’odierno scenario europeo: possiamo parlare di sodalizio artistico?
“Il nostro sodalizio nasce da un’affinità artistica che fino ad oggi ha sempre creato spettacoli acclamati dal pubblico internazionale. Sonia ha una sensibilità eccezionale nel saper ricreare il costume storico reinventandolo con un’eleganza, una raffinatezza ed un’inventiva uniche più che rare. Ho lavorato con tanti costumisti, ma mai ho trovato un livello, una raffinatezza e una bellezza come quella rivelata ogni volta sulla scena da un costume creato da Sonia Cammarata. E’ quindi naturale, per me, avvalermi di Sonia Cammarata per ogni mia nuova produzione, e devo dire che i risultati parlano da soli. Ormai da molti anni non creo più nessun nuovo allestimento senza i costumi di Sonia Cammarata. D’altro canto, oggi è molto difficile anche per i grandi teatri creare costumi ed allestimenti nuovi e noi a Taormina ci permettiamo il lusso, per così dire, di presentare allestimenti assolutamente e rigorosamente nuovi, creati e realizzati per l’occasione. Anche questo determina il successo della nostra stagione a Taormina. Lo spettatore che arriva a Taormina per vedere un nostro spettacolo deve sapere che assisterà a qualcosa di unico, che può piacere o meno, ma che comunque vedrà al Teatro Antico per la prima volta. Il costume è una parte fondamentale per un allestimento e già consente di andare in scena con un’immagine che Sonia dimostra ogni volta di centrare straordinariamente. E lo stesso vale per la scenografia”.
Nelle sue regie si intreccia sempre realismo e dinamismo: è questo il segreto del suo successo?
“Il mio modo di ricreare un’opera lirica su un palcoscenico è senz’altro rivolto innanzitutto il compositore ha voluto o saputo esprimere con la sua musica sulla base di ciò che ha scritto il librettista. Si tratta di un equilibrio che trova ragion d’essere essenzialmente in ciò che esprime la musica, gli stati d’animo che crea in funzione della vicenda e di quelli che può creare nel pubblico. Per questo, credo che in fondo il regista sia uno psicologo molto speciale: deve capire ciò che esprime la musica in un particolare momento e in relazione all’intera opera, deve comprendere ciò che passa o può passare nella testa di un personaggio, ma anche di come lo spettatore può recepirlo, deve capire ciò che ha voluto esprimere il compositore e se c’è riuscito, ma deve anche prevedere cosa potrà scatenarsi nello spettatore. E’ una ricerca infinita, ma affascinante, che per un regista che si cimenta nel teatro musicale deve obbligatoriamente partire dalla musica, dalla partitura. Non capisco i registi che si cimentano nel melodramma senza conoscere la musica e senza studiare e creare la regia nota per nota, partendo dalla partitura e tornando ad essa. Le mie regie nascono dallo studio analitico della partitura e non da fonti letterarie da cui magari vagamente, attraverso il librettista di turno, il compositore si è ispirato”.
Guardando le sue regie in televisione o sullo schermo cinematografico, registrate sempre rigorosamente con la sua regia teatrale, si direbbe che lei abbia un’impostazione fondamentalmente cinematografica.
“In questi ultimi anni ho sempre scelto e preferito dedicarmi a produzioni operistiche che ho creato pensando anche al mezzo visivo, impostando la regia teatrale sulla base della recitazione e dell’immagine, mantenendo per questo il controllo totale di tutti gli aspetti: dalla scelta del cast a quella degli oggetti, dalla scenografia al tipo di ambientazione. Il mio metodo di lavoro è molto semplice: dopo lo studio della partitura, scelgo l’ambientazione e quindi passo alla creazione della regia insieme alla scenografia, costruisco la regia e la recitazione con un’impostazione essenzialmente teatrale, per poi sezionarla e scomporla per la regia televisiva, utilizando strumenti e mezzi tipicamente cinematografici. Questo mi consente di dare massimo risalto alla regia teatrale e nel contempo di valorizzare quella televisiva, che deve spettacolarizzare l’opera e renderla fruibile ad un pubblico – noi tutti – che abbiamo davanti agli occhi cent’anni di cinema. Per questo accetto pochi inviti e mi concentro solo nei luoghi e nei teatri in cui posso realizzare a pieno il mio stile e la mia idea di rappresentare un’opera”.
Molti registi pensano invece che sia opportuno stravolgere la storia, magari ambientando la scena ai giorni nostri: è un modo per rinnovare o comprendere meglio l’opera?
“Io personalmente credo che un modo per rinnovare l’opera sia quello da me realizzato a Taormina, grazie alle proiezioni in alta definizione e alla più moderna tecnologia che ci ha permesso di trasformare magicamente il Teatro Antico nell’antico Egitto, nell’antica Pechino o nell’antica Babilonia, stupendo ed emozionando il pubblico più di qualsiasi altra ambientazione posticcia, tradizionale o contemporanea che sia. Nei miei allestimenti cerco sempre di adottare soluzioni sceniche dinamiche, non esattamente consone ad un impianto tradizionale. In una regia di un’opera di teatro musicale non è importante l’ambientazione, ma l’idea di base, da ciò da cui il regista parte e dove vuole portare lo spettatore. Certo, senza scardinare l’opera, la vicenda, senza stravolgerla per pura provocazione scadendo in allestimenti squallidi, volgari e di dubbio gusto, pensati con il solo obiettivo di suscitare polemiche e scandalo a tutti i costi e mai con quello di rendere comunque, anche portando la rappresentazione all’estremo, lo spirito del compositore e di ciò che l’opera originariamente ha voluto esprimere. Quando ho diretto Candide di Leonard Bernstein al Teatro Argentina di Roma ho firmato una regia ritenuta molto ‘moderna’, con elementi scenici e personaggi sospesi nello spazio, porte e finestre che vagavano nel cielo e croci che si dileguavano nell’infinito dell’universo, lasciando un riferimento all’epoca in cui Voltaire scrisse il suo romanzo satirico solo nei costumi settecenteschi ma cercando di renderne l’attualità della sua visionaria filosofia: e la formula ha funzionato, visto il successo del pubblico e del dvd. Il problema quindi non è rappresentare l’opera per forza in stile moderno o antico, ma di dare emozione al pubblico senza tradirla”.
Sta già preparando il programma dei prossimi anni? Ci può anticipare qualcosa?
“Il prossimo anno porterò ancora l’opera al Teatro Greco di Siracusa e a Taormina, due luoghi d’eccellenza per la lirica, in cui metterò in scena la Trilogia popolare di Verdi in occasione del bicentenario della nascita… Ma sto pensando anche a Wagner e anche se non ho ancora i capelli bianchi sto valutando la possibilità di mettere in scena l’intera Tetralogia. Per il Festival Belliniano metterò in scena la Beatrice di Tenda, un’opera che considero un capolavoro, ingiustamente poco eseguita e valorizzata”.